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domenica 30 settembre 2018

L'ermeneutica impedisce il giudizio


Pubblichiamo il numero di Ottobre 2018
di "Radicati nella fede"

L'ERMENEUTICA
IMPEDISCE IL GIUDIZIO




L'ERMENEUTICA IMPEDISCE IL GIUDIZIO
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XI n° 10 - Ottobre 2018

  Viviamo ormai da tanti, troppi decenni, in un tempo di riforma perenne della Chiesa.
  Non sapremmo nemmeno più definirla, la Chiesa, se non dentro un continuo ed estenuante cambiamento: “chi si ferma è perduto” sembra ironicamente diventato il nuovo e onnicomprensivo comandamento.

  Una riforma a tutti i suoi livelli e sotto tutti gli aspetti fu invocata e attuata perché, dicevano, la Chiesa potesse venire in contatto con la società degli uomini in perenne mutamento; perché potesse venire in contatto con essa in modo più libero e puro.

  La riforma fu chiesta e poi propagandata per motivi “pastorali”, perché la Chiesa non continuasse ad emarginarsi in un rifiuto della modernità.

  È dentro questa urgenza pratico-pastorale che i più si convinsero che bisognasse accettare tutta una serie di riforme-rivoluzioni che, a partire dalla Messa, dovevano mutare completamente il volto della Chiesa di due millenni.

  Non è vero che le riforme, queste riforme, fossero attese. Il mondo cattolico ha avuto sempre una “santa pigrizia” nel non cambiare troppo e per secoli l'immutabilità fu insegnata come una delle più importanti caratteristiche della vera Chiesa.

  Ma occorreva non perdere il mondo che stava diventando liberale, agnostico e poi socialista; bisognava inoltre non perdere i “fratelli separati” che, nel mentre, distaccati da secoli da una Roma troppo conservatrice, avevano prodotto in tutta libertà tutta una serie di riforme che forse potevano, almeno in parte, essere recepite e valorizzate.

  Occorreva cambiare, cambiare... era il mantra ossessivamente ripetuto da più parti cosicché anche i “devoti” non trovarono più le ragioni e la forza per dire di no a quello che apparve subito come uno sconquassamento generale della vita cattolica.

  Il mondo laico ne fu stupito e meravigliato, acclamò alla nuova chiesa che finalmente entrava a far parte del mondo delle rivoluzioni.

  Così i preti, piangendo alcuni, faticando e pasticciando molti, lieti pochi, mutarono la Messa della loro ordinazione, la Messa dei preti di tutta la cristianità, e diedero inizio alla nuova e mai vista avventura della fondazione di un nuovo tipo di cristianesimo.
  Tutto fu chiesto in nome del dialogo col mondo, che doveva finalmente incontrare una chiesa dal volto umano. Forse perché la Chiesa di un tempo non lo aveva avuto questo volto umano? I santi di secoli non avevano avuto un volto umano? Le nostre semplici comunità parrocchiali, quelle delle grandi città e quelle dei borghi agricoli o montani, non erano forse state famiglie umane? Certo che erano umane, anzi umanissime... ed ora in molti iniziano a rimpiangere quella umanità! Ma tutto questo non bastava ai soliti irrequieti dell'evoluzione sociale.

  Bisognava accettare di cambiare per aiutare il mondo ad incontrare Cristo, cosi dicevano i devoti guadagnati alla riforma... così fu detto, solo che in nome dell'incontro con il mondo la Chiesa finì per vergognarsi di Cristo.

L’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto uomo si è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere, ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani (e tanto maggiori sono, quanto più grande si fa il figlio della terra) ha assorbito l’attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo” (Paolo VI, 7.12.1965)...

  questo fu il programma, più intellettuale che reale... ma ora, a cinquant'anni di distanza, abbiamo il dovere di valutarne gli esiti disastrosi!

  Possiamo chiedere ai pastori della Chiesa che considerino il clima di morte regnante nel mondo cattolico? Eresia, banalità ereticali, immoralità sistematica, spegnimento di ogni entusiasmo, clero cattolico in via di estinzione, laicizzazione agnostica del laicato cattolico, aborto normalizzato, eutanasia praticata di fatto, unioni contro natura di fatto benedette da una chiesa che tace, scomparsa del matrimonio cristiano, denatalità spaventosa, ogni genere di vizio ammesso e compreso in nome di un umanesimo ritrovato: erano questi gli esiti attesi dai “cultori dell'uomo”?

  Possiamo chiedere ai legittimi pastori di guardare la realtà e di dire una parola che non sia la cura di una chiesa intesa come una azienda da gestire?

  Sembra di sentire le risposte di alcuni di loro, i più “impegnati”: “è troppo presto per giudicare un fenomeno così complesso e recente”.

  Sì, è la nuova trovata per sottrarsi ad una verifica, che nel caso della nuova chiesa finirebbe per essere senza dubbio impietosa.

  Fanno così i pastori ammodernati, simili a degli agenti di cambio nei loro uffici, più politici che credenti, dicono che non si può ancora dare un giudizio, perché devono passare secoli per una verifica seria! Intanto i cristiani muoiono.
  I cristiani muoiono, mentre i pastori sono preoccupati dell'unità delle diocesi, cioè che tutti dicano di sì... ma sì a che cosa, se non al nulla, visto che Cristo in quello che chiedono o non si trova, o è perso in mille mediazioni?

  Si sono ostinati i novatori, che non amavano più la Chiesa com'era perché non capivano più Cristo e la sua Grazia – non capivano e si tediavano della vita cattolica – si sono ostinati a pretendere il cambiamento e hanno convinto i timidi “devoti”.
  Ora gli stessi hanno inventato l'ermeneutica ecclesiasticamente intesa, per sottrarsi al giudizio, a quel giudizio che è la caratteristica del cristiano: “L'uomo spirituale giudica ogni cosa e non è giudicato da nessuno” (I Cor 2,15).

  Hanno cavalcato l'ermeneutica e l'hanno ecclesiasticizzata: “è la distanza che crea significato...” ...per interpretare la riforma della Chiesa bisognerà attendere secoli, solo ora iniziamo a capire Lutero, dicono con sfacciataggine!

  Invece noi chiediamo un giudizio subito, che parta dalla realtà, che parta da Cristo. Dobbiamo pretenderla la verifica, senza attendere secoli perché, se siamo cultori dell'uomo, sappiamo che l'uomo vive solo di Cristo.

  Dobbiamo pretenderlo tutto questo perché le anime vivano della Grazia e la Chiesa torni al suo volto divino, cioè umano.



Chi si preoccupa più della salvezza?


XIX DOMENICA
DOPO PENTECOSTE


CHI SI PREOCCUPA PIU' DELLA SALVEZZA?
Omelia di don Alberto Secci
Vocogno, Domenica 30 Settembre 2018

domenica 23 settembre 2018

Ti sono perdonati i tuoi peccati


XVIII DOMENICA
DOPO PENTECOSTE


TI SONO PERDONATI I TUOI PECCATI
Omelia di don Alberto Secci
Vocogno, Domenica 23 Settembre 2018

domenica 16 settembre 2018

Con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente, perchè è Dio.


XVII DOMENICA
DOPO PENTECOSTE


CON TUTTO IL TUO CUORE, CON TUTTA LA TUA ANIMA E CON TUTTA LA TUA MENTE, PERCHE' E' DIO.
Omelia di don Alberto Secci
Vocogno, Domenica 16 Settembre 2018

domenica 9 settembre 2018

L'umiltà riconosce il vero


XVI DOMENICA
DOPO PENTECOSTE


L'UMILTA' RICONOSCE IL VERO
Omelia di don Alberto Secci
Vocogno, Domenica 9 Settembre 2018

domenica 2 settembre 2018

I segni e l'obbedienza del seguire


XV DOMENICA
DOPO PENTECOSTE


I SEGNI E L'OBBEDIENZA DEL SEGUIRE
Omelia di don Alberto Secci
Vocogno, Domenica 2 Settembre 2018

sabato 1 settembre 2018

un'agonia di olocausto accompagnata da canti nuziali


Pubblichiamo il numero di Settembre 2018
di "Radicati nelle fede"

UN'AGONIA DI OLOCAUSTO
ACCOMPAGNATA DA CANTI NUZIALI




UN'AGONIA DI OLOCAUSTO ACCOMPAGNATA DA CANTI NUZIALI 
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XI n° 9 - Settembre 2018

 Di fatto la riforma liturgica; di fatto la riforma della messa cattolica, cuore della riforma liturgica e chiave interpretativa di tutto il Concilio, ha costituito il più pericoloso imborghesimento della preghiera cristiana.

 Sappiamo, usando il termine “imborghesimento”, di destare le reazioni di “destra” e di “sinistra”, ma non riusciamo a trovare un termine che riassuma più compiutamente e sinteticamente il ribaltamento della preghiera cristiana, trasformata da coscienza di un avvenimento che accade in espressione personale della lode a Dio.

 E il problema sta tutto qui: aver coscienza che nella storia è accaduto e accade un fatto inaudito, un Dio che muore per te, per liberarti dall'abisso, e voler essere presenti a questo accadimento per mendicare la liberazione del mondo.

 Il problema sta nell'essere coscienti che questo fatto, che si ripete sugli altari cattolici, ha un valore eterno e una portata sociale inaudita.

 Direte, cosa c'entra la riforma liturgica? C'entra eccome, perché umanizzando la messa, rendendola terribilmente facile per tutti, di fatto l'ha trasformata nella preghiera della comunità che dà qualcosa a Dio. Questo è il ribaltamento spaventosamente disastroso che lo spirito borghese, individualista o falsamente comunitario che si voglia, ha di fatto operato nell'assoluta maggioranza dei fedeli. La preghiera non nasce più dall'avvenimento presente, ma dal bisogno psicologico dell'uomo.

 Chi ha continuato a seguire le parrocchie in questi decenni, obbedendo senza resistenza all'organizzato rinnovamento della preghiera cristiana, oggi si ritrova non più cattolico, cioè non più centrato sull'avvenimento della Croce.

 È così, e chi lo nega sa di farlo per resistenza ideologica.

 A una messa imborghesita corrisponde la morte del popolo, del popolo cattolico, tanto osannato dal Concilio: che mistero in questa contraddizione!

 Non ci dilunghiamo ancora. Offriamo solo un approfondimento su ciò che intendiamo dire, la lettura di una pagina di Léon Bloy che misticamente esprime la coscienza veramente cattolica sulla messa:

 «La messa cantata è un'agonia di olocausto accompagnata da canti nuziali. Essa riassume l'incommensurabilità dei dolori e l'infinito della gioia. Essa rinnova, incessantemente, con riti sempre identici, l'enorme colloquio del Signore con gli uomini:
 - Io vi ho creati a mia somiglianza tre volte santa, e voi m'avete ripagato col tradimento. Allora, invece di castigarvi, mi son punito da me stesso. Non m'è più bastato che mi rassomigliaste; io, l'Impassibile, ho sentito una sete infinita di rendermi simile a voi affinché voi diventaste uguali a me, e mi son fatto un verme a vostra immagine. Voi marcite, a vostro agio, nel fango arrossato dal mio sangue, ai piedi della Croce sulla quale mi avete inchiodato con quattro membra affinché non fuggissi. Eccoci dunque, io e voi, da duemila anni circa. Orbene, questo legno è terribilmente duro e voi non olezzate, miei cari figli... non c'è che il mio servo Elia che possa venire a liberarmi, per darmi finalmente la possibilità di battezzarvi e mondarvi nel fuoco, come ho tante volte annunziato. Ma questo profeta dorme, senza dubbio, un sonno profondo, ed è da tanto che lo chiamo nell'angoscia del Sabacthàni... egli però verrà, credetemi; e allora, sciocchi ingrati, vedrete quel che son capace di fare. In quel giorno, gli spaventi divini combatteranno contro gli uomini, perché si vedrà una cosa inaudita e completamente inattesa che sradicherà dalle sue fondamenta l'abitazione degli uomini, vale a dire ci sarà il trapasso delle figure nella realtà... vi accuserò perché sono l'autore della Fede, vi farò disperare perchè sono il primogenito della Speranza, vi brucerò perché sono la stessa Carità. Sarò spietato nel nome della Misericordia, e la mia Paternità non avrà più viscere se non per divorarvi. La mia Croce disprezzata sarà radiante di splendore come un incendio nella notte buia, e un ignoto terrore, in quella luce, si impadronirà della tremebonda folla dei cattivi greggi e dei cattivi pastori. Ah! m'avete detto di scendere perchè avreste creduto in me; mi avete gridato che salvassi me stesso dal momento che salvavo gli altri. Ebbene, ecco sto per compiere i vostri voti. Discenderò effettivamente dalla mia Croce quando questa sposa d'ignominia sarà tutto un incendio, per l'arrivo di Elia, e quando non sarà più possibile ignorare ciò che era, sotto la sua apparenza di crudeltà e di abiezione, questo strumento di supplizio per tanti secoli. Tutta la terra saprà allora, per agonizzare di terrore, che questo segno era il mio stesso Amore... questa Croce, che mi sorpassa da tutti i lati, per esprimere nella sua Follia le adorabili esagerazioni del vostro Riscatto, sta per dilatare su tutta la terra le sue braccia torreggianti. Le montagne e le pianure si scioglieranno come cera, e il vostro Dio dischiodato dal suo letto sanguinante, poserà di nuovo i suoi piedi traforati sul suolo di Adamo per vedere se manterrete la parola, credendo in Lui. Egli vi guarderà con la faccia della sua Passione, ma questa volta rovida della luce di tutti i simboli prefiguratori, che questo prodigio accenderà davanti a lui come fiaccole, e per aver usato a vostro piacimento della vostra libertà di putredine, nel tempo delle tenebre, conoscerete a vostra volta che cosa significa essere abbandonati dal Padre, imparerete che cosa è la sete, e sarà consumata in voi ogni giustizia per mezzo delle spaventose Mani ardenti che avrete bestemmiato...» (Il disperato, ed. Paoline, 1959, pp. 269-271).

 Che anche questo testo ci svegli dal sonno spaventosamente mortale dell'imborghesimento.

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